Cenni storici

(ultimo aggiornamento: 29 marzo 2024)

La Biblioteca

salone con bustoL'istituzione di una libreria fornita di una quantità bastante di libri di tutte le scienze e dotata di apposita regolamentazione – la prima in Italia – risale alla riforma degli studi universitari varata da Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, viceré di Napoli dal 1610 al 1616, sul modello dell'Università di Salamanca. Per la nuova sede dell'Ateneo - in quel momento alloggiato nel monastero di S. Domenico Maggiore - viene incaricato l'architetto Giulio Cesare Fontana che avvia la ristrutturazione della vecchia cavallerizza fuori porta Costantinopoli. Il Palazzo degli Studi (oggi sede del Museo Archeologico Nazionale di Napoli) viene inaugurato, a lavori non ancora ultimati, il 14 giugno 1615 con un variopinto corteo di dignitari e accademici. La biblioteca, in base alla prammatica De Regimine Studiorum Civitatis Neapolis del 30 novembre 1616, gode del diritto di prelazione nella cessione di librerie private e di vendita dei doppi esemplari per ricavare i fondi necessari per i futuri incrementi. La gestione della libreria, aperta alla pubblica consultazione due ore la mattina e due la sera per comodo degli Scolari, viene demandata ad un Librajo molto intelligente ed esperto, incaricato dell'ordinamento e della sorveglianza dei volumi incatenati ne' banchi all'uso delle biblioteche rinascimentali.

Carlo di Borbone, una volta asceso al trono di Napoli, dietro la sollecitazione degli Eletti della Città, ordina la ripresa dei lavori del Palazzo degli Studi; le misure adottate negli anni seguenti mirano a restituire al complesso universitario decoro e funzionalità fino al suo definitivo trasferimento nel 1777, sotto Ferdinando IV, all'interno del soppresso Collegio Massimo dei Gesuiti.

La soppressione di tutti gli ordini religiosi, decretata durante il governo di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, il cd. decennio francese (1805-1815), pone le concrete premesse per l’attivazione di un centro librario fruibile da un’utenza di livello universitario: tra il 1808 e il 1810 il Prefetto della Biblioteca, il fisico e naturalista Giuseppe Antonio Ruffa, incamera i libri provenienti dai monasteri di S. Lorenzo, di S. Maria degli Angeli, di S. Pietro Martire, della S. Maria della Sanità, dei SS. Apostoli, di S. Brigida, di S. Domenico Maggiore, secondo quanto stabilito dal decreto del 27 settembre 1808 firmato da Giuseppe Capecelatro, ministro degli Interni. Purtroppo l'erogazione dei finanziamenti e dei materiali, accatastati senz'ordine e senza alcuna inventariazione (e quindi di fatto inconsultabili), viene interrotta a favore del nuovo progetto di Gioacchino Murat che prevede la fondazione di una Biblioteca Municipale nell'antico monastero di Monteoliveto, detta Gioacchina perchè intitolata al sovrano francese; per essa si acquistano nel 1812 le raccolte del marchese Francesco Taccone e di Francesco Orlando, insigni bibliofili.

La restaurazione dei Borbone nel 1815 segna il definitivo tramonto della Biblioteca Gioacchina e, al contrario, il rilancio di quella dei Regi Studi a cui viene destinato il grande salone al primo piano nell'ex Collegio Massimo e, inizialmente, tutto il patrimonio librario accumulato nella Biblioteca Gioacchina. Nel 1819, però, un editto reale obbliga la Biblioteca degli Studi a consegnare alla Biblioteca Reale tutti i libri di maggior pregio bibliografico. Nel 1822 l'Ateneo procede alla nomina del nuovo responsabile, il matematico Vincenzo Flauti (o Flaùti), a cui spetta il compito di impiantare una struttura moderna ed efficiente: si ordinano i materiali nelle scaffalature trasportate da Monteoliveto (oggi visibili nel Salone di Lettura), si avvia la stampa del catalogo per autori, si formula una idonea regolamentazione esemplata su quella della Reale. Nel gennaio 1827 la Biblioteca viene aperta al pubblico: l'avvenimento viene riportato dalla stampa ufficiale.

In occasione dei lavori del VII Congresso degli Scienziati del 1845, il rettore dell'Università Michele Tenore, botanico di fama internazionale, dota la Biblioteca di un fondo speciale per l'abbonamento a giornali e periodici scientifici italiani e stranieri, aggiornando così il suo patrimonio bibliografico.

All'indomani dell'Unità, l'Universitaria di Napoli entra nel novero delle biblioteche governative di prima classe, ossia le 13 biblioteche di carattere generale con trattamento economico più elevato, sia per la dotazione necessaria all'acquisto dei libri che per la classificazione e la retribuzione dei dipendenti, rispetto a quelle di seconda classe, di carattere speciale (Regio Decreto 25 novembre 1869, n. 5368, art. 3-5). Alla carica di direttore si succedono famosi bibliotecari e studiosi: Carlo Neri (1861), Tommaso Gar (1863), Giulio Minervini (1867-1886). Sono gli anni in cui la Biblioteca assume una particolare fisionomia culturale registrando un notevole incremento dei volumi sia per l'acquisizione di fondi librari delle corporazioni religiose soppresse nel 1861, sia per spontanee donazioni di docenti, ma soprattutto per un progressivo aumento della dotazione finanziaria che consente l'acquisto di importanti collezioni

In base al Regolamento organico delle biblioteche governative del Regno (Regio Decreto 28 ottobre 1885, n. 3464) la "Biblioteca Universitaria di Napoli" fu inserita tra le “Biblioteche che servono ad altri Istituti” e quindi destinata a supportare l’attività didattica e scientifica dell’Università degli Studi di Napoli: la nuova configurazione favorì il deposito di un cospicuo fondo di memorie accademiche e di riviste specializzate. La Biblioteca si arricchisce infatti delle raccolte di Filippo e Carlo Cassola (chimica), di Francesco Briganti (scienze naturali), di Paolo Panceri (zoologia e anatomia comparata, 1874), di Oronzo Gabriele Costa (paleontologia), di Celestino Cavedoni (filologia e archeologia, 1865). Particolarmente rilevanti anche la collezione dantesca donata, nel 1872, da Alfonso della Valle di Casanova, ricca di antiche e pregevoli edizioni; la libreria di Vittorio Imbriani, di prevalente interesse letterario e linguistico, donata dalla vedova Gigia Rosnati Imbriani nel 1891; la cospicua raccolta di opere e opuscoli a carattere giuridico e letterario offerta, negli ultimi dell'Ottocento, da Domenico De Pilla (1896) e Domenico Viti (1898).

Alla direzione del matematico Dino Padelletti (1887), a cui si deve il riordino dei periodici, degli incunaboli e delle aldine con la compilazione di cataloghi speciali, succedono quella di Alessandro Moroni (1888-1895) con il quale collabora Salvatore Di Giacomo (1894-1898), Giuseppe Fumagalli (1895-1897), Emidio Martini (fino al 1900), Alfonso Miola (fino al 1912), Mariano Fava (1913-1922), Gaetano Burgada (1923-1925), Giuseppe d'Elia (fino al 1929) e Giovanni Bresciano fino al 1933. Tra fine Ottocento ed inzi Novecento vengono acquisite le donazioni Padelletti (matematica, 1892), Battaglini (matematica, 1907) e Aievoli (medicina) che rafforzano quell'identità scientifica conferita alla Biblioteca fin dalla direzione del Flauti.

Nel 1936 divenne direttrice Maria Giuseppina Castellano Lanzara che innanzitutto si adoperò per la riapertura al pubblico della Biblioteca (dicembre 1937), seriamente danneggiata dal terremoto del 1930. La Castellano Lanzara mostrò il suo grande impegno morale e civile soprattutto negli anni della guerra quando, insieme a pochissimi impiegati, mantenne sempre aperta la Biblioteca, impedì che fosse occupata dalle truppe alleate e mise in salvo le collezioni più preziose. Questo materiale, trasportato su camion in ricoveri ritenuti sicuri (l’Abbazia di Montevergine e di Mercogliano, il convento dei Frati Minori di San Francesco a Minturno), era vigilato durante i viaggi dalla stessa direttrice e da alcuni collaboratori, incuranti del pericolo di possibili bombardamenti. Purtroppo alla fine del conflitto circa 700 opere tra quelle ricoverate a Minturno (pregevoli cinquecentine, bodoniane e volumi della raccolta dantesca Casanova) risultarono disperse. Nel dopoguerra la Castellano Lanzara organizzò importanti mostre bibliografiche: la prima nel 1948, in occasione del bicentenario degli Scavi di Pompei, sulla bibliografia pompeiana e sulla stamperia reale di Napoli visitata anche da Benedetto Croce; la seconda, in occasione del XIV congresso di anatomia, tenutosi a Napoli nel 1952, sulle opere di anatomia. Tra il 1957 e il 1964 fece iniziare e seguì i lavori di ampliamento di alcuni locali e di consolidamento statico dell’intero edificio; nel 1965 andò in pensione, proseguendo i suoi studi sul ruolo delle biblioteche e la sua attività di bibliotecaria nell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB).
Tra il 2019 e 2020 la Biblioteca Universitaria ha voluto celebrare la sua straordinaria direttrice attraverso varie iniziative: l’intitolazione del Salone monumentale di lettura, una visita guidata teatralizzata in cui rivestiva il ruolo del personaggio centrale, la costituzione del Fondo Castellano Lanzara (grazie alla donazione del suo prezioso archivio da parte della famiglia) e l’intitolazione di uno slargo nella zona universitaria.

Nel 2018, dopo 11 anni di lavori di ristrutturazione, la Biblioteca si è rappropriata di tutti i suoi spazi, coniugando armonicamente la monumentalità della sede storica con la modernità dei servizi. Finalmente è di nuovo visibile la bellezza della sua facciata, del Cortile delle Statue e del Loggiato Monumentale. Ma non solo: nei magazzini sono riaffiorati alcuni resti archeologici relativi alla prima chiesa edificata dai Gesuiti nel Cinquecento. Tanta ricchezza e bellezza è a disposizione di tutti: la Biblioteca si adopera quotidianamente affinché la cultura sia facilmente accessibile e i suoi spazi siano accoglienti, un luogo piacevole di incontro e di crescita sociale. Si cerca di rispondere alle esigenze e agli interessi di un pubblico ampio e diversificato (studenti, ricercatori, scolaresche, appassionati, turisti), attraverso i servizi base - sempre più fruibili anche da remoto - il sito web e i canali social - che sono costantemente aggiornati – ed iniziative culturali non solo di carattere scientifico - come mostre, convegni, presentazioni di libri, seminari - ma anche divulgativo e ricreativo: visite guidate, visite teatralizzate, concerti.


Il complesso monumentale

cortile delle statueLa Biblioteca Universitaria si trova nell’ex Collegio Massimo che fu ribattezzato Casa del Salvatore quando Ferdinando IV espulse i Gesuiti dal Regno di Napoli nel 1767. Il complesso è formato da due corpi di fabbrica articolati intorno a due cortili: il seicentesco Cortile monumentale (detto Cortile delle Statue) e il settecentesco Cortile del Salvatore, separati dalla chiesa del Gesù Vecchio. I Gesuiti arrivarono a Napoli nel 1552 con l’intento di fondare delle scuole, visto che uno dei compiti specifici della Compagnia del Gesù era la formazione dei giovani e del clero. L’inizio fu in sordina: nel 1554, infatti, i padri gesuiti acquistarono il quattrocentesco palazzo di Giovanni Tommaso Carafa nella strada a Nilo (oggi via Giovanni Paladino), sistemandoci la loro casa, quattro aule e una cappella ricavata dall’antica cantina.

In breve però aumentarono sia gli studenti che i fedeli e i Gesuiti elaborarono un progetto più ampio e adatto alle nuove esigenze, con una chiesa e un cortile: i lavori furono affidati prima a Polidoro Cafaro e, successivamente, all'architetto gesuita Giovanni Tristano e infine a Giovanni De Rosis. Questa espansione fu possibile grazie all’acquisto di palazzi e proprietà contigue (la casa di Giovanna Cominata, la diaconia dei Santi Giovanni e Paolo, il palazzo di Andrea d’Evoli). Sia la chiesa che il cortile, realizzati negli ultimi decenni del Cinquecento, furono demoliti e inglobati nelle strutture successive realizzate nel Seicento: alcuni resti sono attualmente visibili nei magazzini della Biblioteca e negli spazi del Dipartimento di Diritto Romano.

Nel corso del Seicento la fortuna, la ricchezza e il potere dei Gesuiti si accrebbero ulteriormente e, grazie anche al contributo della nobiltà napoletana, fu possibile realizzare l’attuale Cortile Monumentale o delle Statue (iniziato nel 1605 e completato nel 1653) su disegno dell'architetto gesuita Giuseppe Valeriano, e la Chiesa del Gesù Vecchio, realizzata tra il 1614 e il 1624 su progetto del gesuita Pietro Provedi, e completata dal padre Agazio Stoia (fu consacrata nel 1632).
Agli ingenti costi contribuirono, oltre ai fedeli con le loro oblazioni, anche due nobili famiglie, i Carafa e i Da Ponte, i cui stemmi e iscrizioni commemorative si ammirano rispettivamente sul portone d’ingresso e al centro del Cortile.

Ovviamente nei secoli successivi il complesso fu ulteriormente ampliato e modificato: interventi di restauro furono realizzati tra il 1630 e il 1654 da Cosimo Fanzago, e tra il 1671 e il 1688 da Giovan Domenico Vinaccia e Dionisio Lazzari.

Nel Settecento sul corpo di fabbrica in corrispondenza dell’ingresso e su quello opposto furono aggiunti due piani di stanze – il primo con grandi finestre corrispondenti alle arcate, il secondo con finestre più piccole – lasciando gli altri due lati scoperti: queste due terrazze furono poi coperte e trasformate in aule nel corso degli anni Trenta del Novecento. Sempre nel Settecento fu costruito il Cortile del Salvatore, che si trova ad una quota più bassa, ed è collegato da una scalinata a quello delle Statue.

Espulsi i Gesuiti dal Regno di Napoli nel 1767, Ferdinando IV di Borbone varò un piano di riforma per le scuole di Stato da sostituire a quelle gesuitiche. Nel 1768 il Collegio fu ribattezzato Casa del Salvatore e in essa fu istituito il Real Convitto del Salvatore (1770) con dodici cattedre di insegnamento e quattro ore di lezioni giornaliere distribuite tra mattina e pomeriggio. 
Nel 1777 si decise che l’Università, alloggiata fino a quel momento nel Palazzo degli Studi - oggi Museo Archeologico Nazionale - si trasferisse presso la sede della Real Casa del Salvatore, che da allora è diventata la sede storica dell’Università di Napoli. Nell’edificio fu ospitato, dal 1787 al 1805, l’altro Reale Collegio, detto “Ferdinandiano”, precedentemente sito nella Casa della Nunziatella e destinato all’educazione dei giovani di famiglia nobile. 
A causa degli eventi legati alla rivoluzione napoletana del 1799 il Collegio del Salvatore interruppe la sua attività e gli alunni furono mandati presso le loro case. In seguito al saccheggio del 15 giugno, durante il quale fu portato via anche l’archivio del Convitto, il Salvatore venne definitivamente chiuso e destinato in parte a ospedale per le truppe russe. Il 7 gennaio 1805 il Collegio riaprì, affidato nuovamente ai Gesuiti che nel 1804 erano stati richiamati nel Regno e reintegrati nel possesso dei loro beni.
Nel 1812 il Collegio del Salvatore fu elevato al rango di Liceo e terminò la sua attività nel 1860 quando con decreto del 25 ottobre fu definitivamente chiuso per decisione del pro-dittatore Giorgio Pallavicino.


Il Cortile Monumentale detto delle Statue

Nel 1861 con l’Unità d’Italia, il Cortile Monumentale, detto anche dell’Università, fu abbellito da statue e busti di personaggi illustri della storia e della cultura napoletana di ogni tempo. Le quattro statue, collocate nei sottarchi a formare come una quinta scenografica, rappresentano da sinistra verso destra Giordano Bruno, Giambattista Vico, Tommaso d’Aquino e Pier delle Vigne. Tra 1865 e 1930 ai lati del porticato furono collocati i busti di Bertrando Spaventa, Francesco Fiorentino, Antonio Tari, Salvatore Tommasi, Francesco De Sanctis, Luigi Palmieri, Giacomo Leopardi, Carlo Troya: per questo motivo lo spazio è oggi noto come Cortile delle Statue.


Gli orologi solari

BUN meridianeMolto probabilmente risale alla seconda metà del Settecento – ma non è chiaro se prima o dopo l’espulsione dei Gesuiti – il complesso di orologi solari (spesso erroneamente chiamati "meridiane") presente sulla facciata ovest del Cortile delle Statue al di sotto dell’orologio meccanico. Tra gli interspazi delle finestre, guardando da sinistra verso destra si susseguono quattro quadranti, rispettivamente ad ore italiche, ad ore astronomiche o francesi, ad ore stagionali e ad ore babilonesi. I quadranti non conservano più le decorazioni pittoriche ancora visibili in fotografie degli anni Trenta del Novecento. Sulla parete opposta doveva esserci un altro complesso di meridiane di cui restano soltanto gli stili di metallo. Secondo una recente ipotesi l'autore potrebbe essere Rocco Bovi (Scilla, 1734-1831) che insegnò trigonometria nel Collegio del Salvatore e progettò a Napoli diverse linee di meridiane ed orologi solari.


Il Loggiato Monumentale

Loggiato con bustoLa Biblioteca occupa il Loggiato Monumentale che si affaccia sul Cortile delle Statue: qui ci sono le sale lettura, gli spazi aperti al pubblico e gli uffici; al secondo e terzo piano dell’ala nord dell’edificio e in parte del pianterreno sono invece ubicati i magazzini. Il Loggiato è abbellito da 22 busti posti all'interno di nicchie lungo le pareti perimetriali. Essi ritraggono esponenti illustri nel campo delle scienze e delle lettere, in molti casi distintisi anche per coraggio e virtù civiliEleonora Pimentel FonsecaFrancesco CaraccioloTommaso CampanellaDomenico CirilloGiambattista Della PortaAngelo Di CostanzoPasquale GalluppiGuglielmo GasparriniAntonio GenovesiPietro GiannoneGian Vincenzo GravinaPaolo Emilio ImbrianiGabriele ManthonéOronzio MassaAlessio Simmaco MazzocchiMacedonio MelloniNicola NicoliniMario PaganoBasilio PuotiJacopo SannazaroArcangelo ScacchiBernardino Telesio. Alcuni personaggi sono molto noti, come la poetessa e giornalista Pimentel Fonseca e il medico-filosofo Cirillo, tra i protagonisti de Il resto di niente di Enzo Striano, il principale e più bel romanzo sulla Rivoluzione napoletana. I primi 16 busti furono collocati nel 1865 contemporaneamente alle 4 statue del Cortile; gli altri 6 busti furono aggiunti gradualmente nel corso del tempo.

Sulla parete est del Loggiato, accanto al busto di Macedonio Melloni, una lapide ricorda l’istituzione della Biblioteca nel 1823, dotata di numerosi e pregevoli volumi (permagna voluminum optimorum copia), da parte di Ferdinando I; in realtà, nonostante fosse stato effettuato il trasporto dei libri dall’ex monastero di Monteoliveto, l’apertura al pubblico fu possibile soltanto nel 1827.
Iscrizioni più recenti, dettate dalla direttrice Castellano Lanzara, si trovano invece sulla parete meridionale del loggiato. La prima, datata dicembre 1964, riassume la storia della Biblioteca Universitaria: Istituita nel 1224 da Federico II di Svevia | con lo studio di Napoli | quale statio librorum civitatis Neapolis | ricostituita nel Palazzo degli Studi nel 1615 |dal vicerè conte di Lemos | trasferita nel 1777 da Ferdinando IV Borbone | nella Real Biblioteca oggi Nazionale | La Biblioteca Universitaria di Napoli | costituita nuovamente in questa sede nel 1808 | dal ministro dell’interno Giuseppe Capecelatro | ed arricchita nel 1816 della Biblioteca Nazionale Gioacchina | risparmiata dall’incendio dell’Università | il 12 settembre 1943 | e rinnovata negli anni 1937-1948 e 1964 | continua la sua vita | per il progresso delle scienze e della cultura.
La seconda, del gennaio 1965, è dedicata ad Arnaldo da Bruxelles, scriba di Ferdinando I d’Aragona, a rivendicazione del suo altissimo merito di aver introdotto l’arte della stampa a Napoli.


Resti archeologici

reperti archeologiciNel 2008 durante lavori di ristrutturazione sono stati rinvenuti dei resti archeologici all’interno dei magazzini della Biblioteca, nell’angolo nord-est del Cortile delle Statue. Si tratta di 4 basi di tufo, a forma di croce, sulle quali poggiavano i pilastri della chiesa costruita tra 1557 e 1563 da Polidoro Cafaro: questa chiesa cinquecentesca, in posizione parallela all'attuale via Paladino, era a navata unica con 3 cappelle laterali e tribuna con soprastante cupola. È visibile anche una piccola porzione dell’antico pavimento cinquecentesco, in mattonelle di terracotta dipinte. Ulteriori indagini effettuate dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli tramite carotaggi (prelevamento di campioni, detti carote, in profondità nel sottosuolo) hanno rivelato le tracce di strutture, oltre che di età medievale e moderna, anche di epoca romana e in alcuni punti addirittura paleosuoli e strati vulcanici dall’età del bronzo fino all’età eneolitica/paleolitica. 

Anche il monumentale arco di piperno, conservato nell’attuale ufficio prestito della Biblioteca, faceva parte della chiesa cinquecentesca: rinvenuto per caso al di sotto dell’intonaco, è stato restaurato e lasciato a vista. Probabilmente marcava l'accesso al coro e alla sagrestia, che furono costruiti sull'area dell'antica diaconia di S. Giovanni e Paolo. Altri resti dell’arco sono visibili sul loggiato, sotto al busto di Macedonio Melloni, e nel vano scale della Torre Libraria.

Nell’ex punto pausa inoltre sono stati rinvenuti 5 gradoni di piperno, di notevole interesse: potrebbe trattarsi dei resti dell’antica scala seicentesca che dal cortile conduceva al Loggiato, abbattuta nel 1941 e sostituita dall’attuale scalone - in marmo bianco con balaustra in legno - e dall’ascensore.



--->> Bibliografia essenziale

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Luciano Carbone et aliiIl Cortile delle Statue, Napoli, FedOA, 2018.

Giovanni Bosca, Francesco Caviglia, Meridiane e orologi solari: strumenti per la misurazione del tempo. Storia e interpretazione, metodi grafici e informatici per realizzarli, Cornaredo, Il Castello, 2014.
Giuseppina Pugliano, Le accademie napoletane di via Mezzocannone: i restauri dell'antica sede e la rinascita nel secondo dopoguerra, Napoli, Giannini, 2012, pp. 2-126.
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Aldo Pinto, Il restauro risolve una questione storica: chiostro cinquecentesco (P. De Rosis) e/o Cortile del Salvatore (P. Valeriano), in «Societas. Rivista dei Gesuiti dell'Italia meridionale», a. 1990, n. 3, pp. 58-68.
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(ultimo aggiornamento: 29 marzo 2024)